Le mie mani mantengono; solo con le mie mani costruisco sogni e spicco voli; con le mie mani tengo stretto il mio futuro, con le mie mani, solo con le mie mani. Le mie mani sostengono il tuo viso: non avere paura sono io.
L’addome femminile si colloca al centro dell’opera: l’ombelico, simbolo della vita, di fertilità. Al di sopra si ergono le mani: umili ed obbedienti, esse trasferiscono sulla realtà tutti i movimenti del nostro spirito. Sono mani che si levano verso il cielo in un gesto che è, al tempo stesso, di implorazione, di aiuto, di ricerca e di sostegno.
Emilia Piazza, Giornalista
Il ritmo di un volto quasi sempre uguale segna cadenza l’origine di tutta la vita, la fonte di ogni nutrimento, insieme al senso di eterno, di cosmico, nell’immensità dell’universo che crea un costante richiamo all’incontro e al centro di noi stessi.
Scolpisco e vedo, vedo e scolpisco. Le emozioni spingono il mio scalpello e muovono i miei muscoli. Più scolpisco e più voglio plasmare; il mio cervello sembra non volersi fermare e il mio cuore continua a battere. Mi rivedo in queste linee, ondulate: in ogni linea sono sempre io, ma ogni linea è, anche, un io diverso. Scolpire è parlare e parlarsi. “È la vita”.
Scultura che sa di mistero, di eterna e inscalfibile bellezza.
Essa lascia col fiato sospeso; la si guarda in apnea, così da poterla “gustare” evitando la pur minima “intrusione” sensoriale.
La figura femminile, con intensa e profonda espressività dello sguardo, sembra volerci incuriosire verso orizzonti che stimolano e sorreggono l’umana aspirazione a comprendere la natura della sconfinata immensità. E c’è tanto stupore!
L’Artista, con abile tocco poetico, la “immortala” nel momento in cui ella trascende la fisicità per catturare l’oltre.
Arte assai complessa e suggestiva, quella di Mario Termini.
Qui, una scultura che emana il fascino magnetico della sua creatività artistica.
Il corpo e l’anima ne rimangono inevitabilmente “rapiti”.
Filippo Minacapilli
In “Luci di parole” di Mario Termini l’astrazione dell’oggetto rappresentato si unisce fortemente ed inscindibilmente alla valenza simbolica della realtà scultorea generata.
In questa opera, si racchiude “in levare”, vibrante un ritmo di musica jazz, un discorso potente, come è quello sull’Amore, la Parola delle parole, che trova la sua radice nel vigore del legno di ulivo utilizzato. La Parola illumina l’insieme dell’oggetto rappresentato, all’ombra della sua genesi, del venire alla luce della rappresentazione dell’azione stessa dello scultore. La Parola crea.
D’altra parte, Parola e Simbolo hanno in comune etimologicamente la provenienza dal verbo greco “bàllo”: parola, dal greco “parabolé” che deriva dal verbo “parabàllo” (confronto, metto a lato) e simbolo, dal tema del verbo “symbàllo” (gettare, mettere insieme due parti distinte).
Dunque, la nuova realtà materica generata getta luce, simboleggia ed omaggia la speranza, la libertà, il sogno e la poesia, emergenti dalle quattro figure dell’opera.
Rita Chiusa (poetessa)
Ignaro amore
Astrùso sarà capir ciò che provai,
so sol dir che d’un tratto tutto tacque!
In un sol momento lo capo lasciai
Nova emozione dentro mi naque,
aprii li occhi, arse lo core
lì capii che era sol amore
Ignara! Onde vago con lo capo,
cor e capo forman foraci rime
Codesto dev non esser rompicapo
Ciò che sembra infimo e sublime.
Forti ardori doverei notare
e preziosa cosa non dev lasciare
Il dolor mi assale subitanio
Allorquando da me tu ti nascosi
della voce tua lo suon ormai desio,
Li tui occhi,Oimè! apoteosi.
Bazzecole che al tuo avvenire
ebro di gioia vederò svanire.
-Daniela Mangione
C’è un bello “estetico” (il famoso kalos), quello di cui tutti facciamo costantemente esperienza, c’è poi il “sublime” che solo l’Arte può rendere (e che, per sua stessa definizione, è appunto “sub limen”, ossia indicibile) ed infine c’è il Bello tragico…
Alfred Norh Whitehead, filosofo britannico, lo ha descritto con la parola “Pace”, come “l’armonia delle armonie che placa la turbolenza distruttiva e completa la civiltà “.
La Pace di cui parla non è anestesia, ma si riferisce alla rimozione dell’inibizione. Pace è l’intelligenza della tragedia e la sua conservazione.
La consapevolezza fa sì che alla gioia dell’esistenza si intrecci la sofferenza. Dall’attraversamento del buio al risorgimento verso la Bellezza che è Bellezza universale, al di là del mero accadimento, di ciò che poteva essere e non è stato, di ciò che è stato e non è più, di ciò che è e non più sarà!
Emilia Di Piazza, Giornalista
Oggi tutti abbiamo bisogno di una carezza, di un abbraccio, di una parola o un saluto, di un contatto. Si fatica a farlo, eppure sono cose semplici che oggi diventano impossibili, per paura o per egoismo. È una carezza che invio a tutti.
Se io avessi una botteguccia
fatta solo di una stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa?
La speranza
“Speranza” a buon mercato!”
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la speranza
senza fargliela pagare.
Gianni Rodari
Sognato amore, nel perduto tempo,
che ancora non diletta il senso al nome
di un ritrovato sguardo alla beltà,
opposta in luce ai confinati giorni,
pazienza chiedo al cuor che mi riveli
ciò che l’argilla, già imbrunita all’aere,
mi sussurri, nell’avanzar il passo
lento dentro alle tue ardenti mani.
Sinuosa insegue la materia l’ora
che racconta di un antico canto
rotto al pianto del desio, ché il tumulto
s’intrattiene imperituro e solenne
plasmato nel mistero dal destino,
consumato in un grido al suo inganno.
Rita Chiusa
Cambia l’amore pelle, dal bronzo baciato,
colato dai raggi del sole, che come dita
prepara la terra e riscalda nuova la vita.
Cambia l’amore il passo: verso l’abbraccio,
si fa più veloce e poi si riposa appagato
dentro ai tuoi occhi, che non conoscono tregua,
quando Bellezza nascosta è simile
a ciò che l’avvolge, sia in essa pietra dolente
oppure in nube ridente al tuo sguardo.
Cambia l’umore il tuo amore,
ora fragrante, in tenerezze spezzato,
ora indigesto, negato e amaro
ai miei giorni e al palato.
È arco teso in tenzone il mio Amore
che cambia al dardo infuocato
la luce e la direzione al mare,
che non ha colore, ma come me
solo distinta illusione di vita,
riflessa fra il cielo cobalto
ed un rubino fondale.
Rita Chiusa