Monumenti

Mario Termini è specializzato in arte monumentale. In queste speciali sculture l'artista ha approfondito il tema della giustizia.

 

Opposti


Ritmi, strutture, stratificazioni, perturbazioni e trasformazioni agiscono in tal modo nella scultura di Termini, in un gioco sottile ed invisibile, poetico, di metamorfosi, aprendosi ad un linguaggio plastico che, oltre ad essere immaginoso e fertile, è anche espressione di un perfetto accordo tra concezione e tecnica, tra segno espressivo e simbolo, tra realtà e irrealtà dello spazio nel quale rientra (o si colloca) non tanto il volume della scultura, ma la sua “essenza” costituita in enigmatica e suggestiva “apparenza”.
Lo stesso dato di indefinita e indefinibile surrealtà o irrealtà su cui si fonda, in definitiva, la creatività di Mario Termini, ricompare nella pittura dello stesso artista, in cui l’inevitabile ausilio del colore non fa che dilatare al massimo la trasfigurazione rappresentativa, assumendola in continui gesti di traslazione para-metafisica o in ipotesi figurali derivate da evanescenti rifrazioni luminose.
Figure femminili, librate nell’aria e stilizzate al massimo della loro fisicità, si elevano e roteano nello spazio.
Paolo Russo, Storico dell’Arte


 

La Grande Madre


La Grande Madre

Questa scultura monumentale descrive la genesi e l’enfasi dell’essere, come in un armonico lancio di nastri avvolgenti un punto e l’altro dell’opera. Atomi, particelle micro e macro molecole si snodano, lasciando intravedere una maternità ora leggiadra e compatta, ora fiera della sua condizione di madre, come se un cerbiatto, compagno mitologico del piccolo essere, attendesse con pazienza l’avvento.

Lo slancio d’insieme sottende una musicalità d’espressione talora poetica, talvolta canora, mentre l’eco che vibra illude lo spettatore, convinto di ascoltare quel suono che in fondo è celato, visibile solo a colui che, muto e spoglio, si lascia trascinare senza pregiudizio alcuno, leggero, quasi sfiorando quei nastri che trasportano in ogni angolo, sottosquadra, cerchio che sia, confondendo le linee e le forme.

Si avverte la trasparenza della leggerezza, nei tre cerchi che simboleggiano, forse, il peccato, il pregiudizio e l’egoismo, o ancora altro, ma che aprono alla possibilità di un’uscita, di un passaggio ad un cerchio più grande: quello della vita!


In esso, inspiegabilmente vuoto, grande, nondimeno si percepisce protezione ed il ponte che lo attraversa evidenzia i due lati, ciascuno libero di sceglierne il percorso, che una volta intrapreso, se giusto, dischiude ad un suono, magico suadente, come ad indicare la strada ad un cavallo alato che porti all’uscita attesa, quella che tutti aspettiamo, prima di venire al mondo.

Se il percorso, invece, non è quello giusto, tutto sarà atono: dirupi e sterpaglie si leveranno ad impedire l’approdo al traguardo, si innalzeranno mura di silenzio, senza risposta alcuna, né opportunità di arretrare. Rimarrà soltanto il rimpianto di ciò che è stato perduto, privati del dolce suono che, una volta smarrito, non più percettibile, non desterà la meraviglia del non sentirsi più soli.

Dentro il Cerchio

Il tempo chiude ormai in cerchio l’insieme
di ogni punto spento e domandato
sopra te e me, come se la distanza
avversa al tuo apparire suggellasse
nella visione il nome dolce e nuovo
del trionfante suono che non dice
più di noi, che consumammo al vano fuoco
il suo finale, voce dell’inganno.
Intrattenendo la materia informe,
trema la mia mano che ti risolve
nella decisa argilla come nube.
E miro solo il canto muto e stanco
delle vicine stelle riservate
a chi d’amore vive e nutre il fato.


Pina Angemi

Le opere di Mario Termini sono essenzialmente provenienti dal mondo figurativo femminile: un femminile che giace in ogni essere vivente, spesso celato per retaggi culturali. La sua sensibilità artistica partorisce il simbolo della totalità universale.
Tramite la plasticità dell’argilla Termini plasma le sue emozioni all’interno di un simbolo, che diviene oggetto e soggetto insieme, interno ed esterno, Yin e Yang, la dualità che si completa in totalità.
La sua ricerca artistica è la somma di tutto ciò. Nelle figure plastiche di Termini percepisco un volersi espandere oltre il reale. Infatti, le forme dinamiche si dischiudono verso la luce della libertà sensoriale e cognitiva: i volti, le mani, i nudi corpi, pregni di emozioni, taciti e silenziosi, non fanno altro che recitare una preghiera sacra, un lamento universale che ci rende tutti uguali, un grido di protesta, ma anche una carezza celata in uno sguardo melanconico. Le opere di Termini devono leggersi con sguardo aptico per arrivare a comprenderne il vero significato. Gli stimoli multisensoriali, provenienti da quelle forme intrise di senso, lasciano all’osservatore un messaggio di speranza: l’uomo per quanto abbia cercato di dominare il mondo, rimane un essere fragile – per fortuna – legato a quel qualcosa che ci rende tutti simili: il desiderio, il bisogno di essere amati per ciò che siamo, nel buio e nella luce che ognuno di noi traccia nel suo sentire umano.

Pina Angemi


Arte contemporanea e memoria storica: “La fontana monumentale” di Piazza Umberto I a Calascibetta

Nel 1999, viene presentata al pubblico la nuova fontana monumentale di Piazza Umberto I a Calascibetta, opera a due mani di Mario Termini e Giuseppe Marzilla. Si tratta di un progetto articolato su quattro temi: “il lavoro”; “la miniera”; “lo stato e la chiesa”; “il riposo”, al culmine del quale si erge la figura del gran Conte Ruggero I d’Altavilla. Alla figura del conte normanno, iniziatore della storia demaniale di Calascibetta.
Le amministrazioni comunali hanno voluto dedicare un’opera significativa delle radici storiche, culturali, politiche, religiose e socio economiche di una città – castello che a più riprese ha avuto ruolo di rilievo nella storia della Sicilia centrale. Questo nel tentativo di inserire a pieno titolo Calascibetta nel dibattito storiografico che negli stessi giorni si alimenta di ulteriori contributi con il progetto “L’insediamento normanno in Sicilia: Serlone eroe di Cerami, Conte di Geraci” a cura della Sezione Sicilia dell’Istituto Italiano dei Castelli. L’avveduta scelta di due progettisti di consolidata esperienza come Mario Termini e Giuseppe Marzilla (già ideatori nel 1994 del “Cristo della montagna”, opera monumentale in bronzo per il comune di Cesarò (Italia), fusione realizzata presso la fonderia Mapelli di Cesate (Milano) ci restituisce un’opera destinata a durare nel tempo, per inserirsi a buon diritto nella memoria civica della città.
Vittorio Ugo Vicari, Storico dell’Arte


Rocco Lombardo

Mario è un artista poliedrico, perché i suoi interessi spaziano dalla pittura alla scultura campi in cui, pur partendo dall’attenta osservazione della realtà, attraverso un percorso di ricerca sul segno, materia, spazio, egli raggiunge, supportato dalla fervida fantasia, creatrice esiti di suggestiva sintesi tra l’essenza del reale e la sua apparenza.
I suoi manufatti artistici, pertanto, si distinguono, nella pittura per i colori eterei, le atmosfere rarefatte ed oniriche, nella scultura per i volumi e le forme.
Egli elabora trasfigurazioni personalissime, tese ad estrapolare dall’inerte e opaca materia (sia essa marmo, pietra, bronzo, creta …) effetti illuministici di plastica evidenza e slanci dinamici di intenso lirismo caratteristiche tanto godibili e accattivanti.
Privati ed istituzioni fanno a gara per possedere almeno una sua opera, destinata ad impreziosire un ambiente domestico e a conferire a piazze cittadine e luoghi pubblici quel lustro e quel decoro che l’arte riesce a dispensare assieme al diletto di chi ha la ventura di saperla apprezzare.

Rocco Lombardo, Storico dell’Arte


L’ambone della chiesa di San Tommaso ad Enna

Lo scultore Mario Termini, nell’eseguire l’opera destinata alla Chiesa di San Tommaso, ha saputo coniugare le esigenze liturgiche, cariche di valori simbolici, ma pure esprimenti necessità funzionali, ricorrendo ad una duttile ispirazione creativa naturale e a capacità tecniche ed espressive maturate nel corso di una pluridecennale attività.
Consapevole che, tra le funzioni che la suppellettile sacra commissionatagli è chiamata a svolgere, è predominante la proclamazione della Parola divina durante la celebrazione del Sacrificio eucaristico, inteso nel suo alto e pertinente significato di rinnovamento del mistero pasquale, Mario Termini nell’arredo sacro eseguito ha privilegiato l’aspetto di icona della Resurrezione che di questo mistero rappresenta l’evento apicale, la concretizzazione delle promesse evangeliche, il premio e la meta del nostro cammino di fede.
L’Artista, rispettoso anche della più antica tradizione cristiana che all’ambone dimora della Parola di Dio assegnava attenzioni artistiche particolari, ha scelto per la sua realizzazione un materiale nobile e durevole, il bronzo, già nelle campane così avvezzo a diffondere la parola di Dio, e ben adatto ad esprimere nella sua poderosa consistenza evocazioni di durate perenni e di ferme promesse, esaltando così il simbolismo dell’eternità della parola divina e la sicurezza del celeste premio finale.
Mario Termini, forte anche delle sue esperienze pittoriche, ha creato uno schema compositivo che, adeguandosi cedevolmente alla forma ad emiciclo, attraverso un calcolato gioco di rilievi morbidi e di solchi, ora leggeri, ora profondi vivacizza le figure, immergendole nel suggestivo effetto chiaroscurale che ne scaturisce e che movimenta plasticamente, evitando di appiattirle in uno statico, seppur gradevole, bassorilievo.
In omaggio al tema prescelto della Resurrezione, l’Artista fa campeggiare al centro il Cristo, a testimoniare il suo trionfo sul male, sulla caducità delle cose, sulla precarietà delle situazioni e a proporsi come meta del nostro pellegrinaggio terreno, a compimento delle promesse dell’Onnipotente, che appare al vertice della composizione, chiusa ai lati da due angeli dalle ali spiegate in un volo, come uno speranzoso preludio di Cielo.
Le braccia spalancate di Cristo, ormai libero dalle bende sepolcrali, appena accennate sullo sfondo levigato, allusive agli impacci terreni, ma ancor più gradini di una scala che in Cristo diventa la Via al Cielo, dimora ultima di ogni pio credente, si aprono in un ampio gesto che sprigiona un lungo atteso senso liberatorio dal peccato, dal male, dalla morte spirituale, e suggerisce un accogliente abbraccio in cui si materializza l’evangelico confortante suo invito: Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis (Mt 11,28).
Alla sua conclusione, Et ego reficiam vos, ci sospinge con naturalezza tutta la scena rappresentata, dove Mario Termini imprime il rasserenante messaggio, evidenziando padronanza di tecnica e capacità espressive degne della tradizione scultorea più aulica, rivitalizzata da una sensibilità moderna che delle evoluzioni artistiche mostra d’aver fatto tesoro con saggezza. Ne scorgiamo le tracce nella cura del modellato, nella politezza della forma, nella decisione del segno, nella suggestiva ideazione scenica in cui l’Artista scandisce su più piani la bronzea superficie facendo emergere con forza incisiva dai ricercati contrasti dello spessore volumetrico, fonte di luministici chiaroscuri, sia i valori plastici, liberi da impacci accademici e scevri da minuzie descrittive, sia quelli simbolici, esprimenti con sobria eleganza il vigore di quella vera Vita e lo splendore di quella consolante Verità che solo Cristo ci può dare.
Rocco Lombardo, Storico dell’Arte


“Grazie al prof. Mario Termini per aver reso eterno il ricordo del Presidente e Fondatore della RO.GA., il sig. Francesco Gagliano.”

A pochi giorni dall’inaugurazione de “Il cammino del cuore”, scultura da me realizzata, per ricordare l’opera iniziata da Francesco Gagliano, presso il “Centro Ortopedico RO.GA” di Enna, in riscontro ai ringraziamenti nei miei confronti, da parte dei fratelli Gagliano, desidero esprimere, a mia volta, gratitudine per avermi offerto la possibilità di esprimermi con la mia Arte.
Mi sono sentito coinvolto nella “grande avventura” della famiglia Gagliano, anche come “avventura” personale, che caratterizza in ogni occasione il mio percorso artistico.
“Il cammino del cuore”, titolo dell’opera nata per rendere imperituro il ricordo del Presidente e Fondatore della “RO.GA”, è composta da un grande libro aperto scritto e da scrivere, sorretto da una soletta di marmo bianco di Carrara e da un grande prisma rettangolo dello stesso marmo. La scelta dei materiali non è casuale. Il bronzo è un materiale forte, robusto e durevole nel tempo, che qui in altorilievo mette in evidenza, sulla pagina principale, il volto e le mani laboriosi di Francesco Gagliano, sorrette da uno sguardo attento, colmo di tenerezza e di intensità espressiva. Alcune frasi poi rafforzano la pagina del ritratto, mentre altre pagine, quasi in bianco, serviranno a coloro che seguono questa grande realtà e la continuità del cammino intrapreso.
La scultura bronzea, sostenuta da una soletta in marmo bianco di Carrara, ricorda l’inizio della grande avventura. L’insieme è racchiuso in un prisma rettangolo che consolida l’opera stessa. Anche la scelta del Marmo bianco di Carrara non è casuale, perché è il colore della luce, da una parte contrastando l’opzione per il bronzo, dall’altra mettendolo in risalto, così da inviare un messaggio di forza, amore, speranza e d’immortalità.

Un caro ed affettuoso abbraccio
Mario Termini